domenica 19 dicembre 2010

DALLA PARTE DEGLI STUDENTI

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Il 14 dicembre è tornato in campo prepotentemente il movimento degli studenti. Una grande manifestazione piena di giovani, una generazione nuova, ormai cosciente che la crisi in atto non le consente di avere un futuro.
È stata questa incertezza sulle proprie vite, denunciata dalle tante mobilitazioni di questi mesi, unita alla sostanziale impermeabilità della politica di Palazzo, alla compravendita di voti andata in scena in Parlamento, così come all'idea fallimentare della "zona rossa", che spiegano quanto avvenuto per le vie di Roma.
Una dinamica di rabbia sociale che non è ascrivibile solo a gruppi organizzati o a fantomatici black block, ma è la risposta di migliaia di giovani ad un futuro senza prospettive, al rifiuto del governo di ascoltare la voce della piazza, ad un'opposizione parlamentare che appoggia i movimenti solo per il proprio tornaconto salvo abbandonarli un attimo dopo.
A prendere parola, collettivamente, è una generazione di studenti, precari e operai che ha una percezione assolutamente corretta della propria condizione: mobilità sociale bloccata, indebitamento per il welfare, assenza di reddito e garanzie, declassamento come orizzonte permanente.
Per questo occorre respingere al mittente con fermezza i tentativi di criminalizzare la protesta, gli studenti e la loro voglia di ribellarsi.
Con quale legittimità la politica istituzionale, che sta affrontando la crisi economica rispondendo solo ai bisogni di banche e imprese, oggi si erge a giudice scandalizzato di quanto avvenuto?
Sono loro i primi responsabili di quanto accaduto il 14 dicembre. Se vogliono cercare i responsabili non c'è che da guardarsi allo specchio!
E' una boccata d'ossigeno salutare la protesta studentesca che ha segnato l'Italia intera. Il fattore che finora mancava in una politica fatta solo di tattiche, di manovre, di avanzamenti e arretramenti insopportabili in un avvitamento di Palazzo distante dalle vite reali. Ma se da questa crisi vischiosa, da "fine regime", alla quale anche l'opposizione contribuisce con minuetti ed esitazioni, vogliamo uscire con una prospettiva migliore non possiamo fare a meno di un sano protagonismo sociale e diretto. Non c'è alternativa. A meno di volersi baloccare nell'illusione dell'impossibile governo da Fini a Vendola o restare appesi agli umori di Casini in un gioco al massacro già visto altre volte e che ha mortificato gran parte del mondo della sinistra o semplicemente progressista.
Bisogna unire le ragioni e i soggetti sociali che stanno pesantemente pagando questa crisi. Lo sciopero generale può diventare scossa salutare e profonda per ridare una possibilità alla nostra democrazia.
SE NON ORA QUANDO ?

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