lunedì 28 giugno 2010

REFERENDUM DI POMIGLIANO: il ricatto non è passato


Quasi tutti davano per certa la vittoria schiacciante del SI al referendum sull’accordo che vuol fare di Pomigliano un nuovo modello di organizzazione della produzione, che straccia non solo le regole contrattuali, impone condizioni di lavoro durissime, ma annulla diritti inalienabili ed indisponibili dei lavoratori, quali il diritto ad esser pagati in caso di malattia ed il diritto di sciopero.
Un referendum in cui la libertà di espressione è stata pesantemente condizionata dal ricatto: o si fa come dice la FIAT o si chiude e per 5.000 operai non c’è futuro, in un territorio oltretutto in cui la disoccupazione è lo stato normale per gran parte della popolazione e in cui la deindustrializzazione ha già colpito pesantemente.
Il risultato del referendum parla chiaro: oltre il 36% dei dipendenti ha detto NO, percentuale che sale a quasi il 50% tra gli operai.
Dobbiamo applaudire al coraggio di questo risultato, che restituisce dignità ai diretti interessati ma che parla a tutto il mondo del lavoro, perché a Pomigliano non c’è in gioco solo il futuro della fabbrica, ma la modifica definitiva dei rapporti di lavoro, con la subordinazione alle esigenze della produzione e della competitività, con l’annullamento di ogni forma di opposizione come prefigurazione di un diverso modello di relazioni sociali autoritario e totalizzante.
Il pronunciamento di questi lavoratori mette in evidenza il distacco esistente con le organizzazioni sindacali firmatarie dell’accordo (Fim CISL, Uilm UIL, UGL) che hanno sostenuto la tesi ricattatoria di Marchionne che aveva affascinato anche tanta parte del centrosinistra che oggi resta scandalizzato, non dal ricatto della Fiat ma dal voto dei lavoratori che non hanno voluto cedere a questo ricatto.
Il plebiscito mancato rimette al centro il protagonismo dei lavoratori che lo considerano giustamente una vittoria delle forze che hanno resistito al ricatto, la Fiom e i sindacati di base, sostenuti anche dagli scioperi in molti stabilimenti del gruppo Fiat nei giorni scorsi, battendo l’arroganza e l’ostentata sicurezza in una vittoria schiacciante da parte del fronte padronale e governativo, aiutato da tutte le Confederazioni Sindacali oltre che dal PD.
Citando Marco Revelli “In un Paese in cui abbondano «i mezzi uomini e i quaqquaraquà» (per dirla con Sciascia) hanno dimostrato che esistono ancora degli uomini. Che tra servi e padroni - tra la moltitudine dei servi che occupa il nostro paese e il castelletto dei padroni/predoni che lo depreda - ci sono ancora delle «persone». E hanno aperto una breccia simbolica incalcolabile.
Immaginiamo che cosa sarebbe oggi l'Italia se una fabbrica-simbolo come Pomigliano avesse sancito plebiscitariamente la resa senza condizione a quella logica servile. Se non ci fosse stato quel segno di dignità che, coriaceo, resiste.”

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